Ieri ho preso parte ad un sessione di approfondimento sulla tematiche delle cadute nel Judo, tenuta dal maestro Tesini ( 7° Dan di Judo ), colui che mi ha iniziato a quest'arte marziale, ormai 23 or sono.
Ritornare sul tatami ( la materassina ) con lui, dopo 16 anni mi ha fatto davvero piacere, sia per questioni affettive, perchè dopo tanto tempo e pratica del Judo e di altri sport da combattimento, i suoi insegnamenti sono stati per me sempre di grande riferimento e importanza, sia perchè l'argomento, alle basi della pratica di questa disciplina, offre opportunità di riflessione interessanti.
Chiaramente non ho intenzione di entrare nel merito della tecnica, ma piuttosto condividere con il blog una riflessione sulla simbologia e il significato sotteso allo studio della caduta, alla sua pratica costante e alla sua importanza educativa.
Nel Judo ogni diversa tecnica di proiezione ( portare a terra l'avversario ) prevede una caduta ed esiste una specifica caduta per ogni diversa tecnica di proiezione.
Entrambe si verificheranno sempre assieme: è una certezza, quasi un ovvietà, ma spesso noi praticanti ce ne dimenticano, così esercitando maggiormente la fase di proiezione, piuttosto che quella di caduta.
Dobbiamo invece conoscere ed allenare entrambi gli aspetti, perchè solo se si riesce a praticare senza il timore di recare danno a sè e al prossimo riusciamo a praticare in piena libertà, quindi senza rimanere rigidi e prevedibili nel movimento, o eccessivi nell'impiego della forza fisica ( che deve essere sempre la minore possibile commisurata a quella necessaria ). Così facendo miglioreremo noi stessi, chi pratica con noi e lo spirito del Judo stesso non verrà tradito: saper cadere infatti è molto di più che il conoscere la tecnica per non farsi male quando si è proiettati a terra, bensì è il continuo confronto con la nostra ancestrale paura di cadere, che non ci abbandonerà mai, e che dobbiamo imparare ad accettare e ad affrontare, affinchè non sia da limite alle nostre intenzioni.
Nel Judo, come nella vita, ognuno ha i propri conflitti irrisolti, i propri demoni e il non accettarlo è poco intelligente, quanto lo è il pensare di poterli sconfiggerli per sempre.
I fantasmi interiori non hanno forma, siamo noi a dargliene una, quindi, nel momento in cui crediamo di averli sconfitti, avremo in realtà dissolto solo una loro rappresentazione, ma essi si riproporranno con altre sembianze e ci sorprenderanno sempre, se non saremo pronti, rendendoci deboli e realmente sconfitti.
Il costante allenamento alla caduta ci consente pertanto di avere la percezione continua dei nostri limiti,
ma allo stesso tempo ci rende consapevoli della nostra forza, perchè ci ricorda che li possiamo affrontare,
e così:
accettando la caduta, sapremo attaccare con la massima determinazione;
accettando il dolore e il suo pianto, troveremo sempre la forza per ritornare a sorridere;
accettando che un amore possa finire, impareremo a donarci con sincerità e con tutto il nostro cuore;
accettando la morte; comprenderemo come vivere una vita felice nella semplicità di ogni suo giorno.
Un conto è cadere, un conto è saper cadere...
RispondiEliminaUn conto è saper cadere, un altro accettare di cadere...
Anche per Uke e Tori l'accettazione è fondamentale, per essere in grado di non ferirsi e agire in sicurezza totale...